mercoledì 15 dicembre 2010

Leggete Questo...

Scritto da La Boje su Facebook:


"Nelle epoche delle rozze forze della natura ( terremoti, acquazzoni, bancarotte ) ci si attenga a pochi precetti, che per la loro semplicità potranno essere facilmente applicati .

  • ricordare che l'arte è un dono. La pubblicità un ricatto. Chiedersi cosa si sta offrendo è il minimo per pretendere un attenzione da parte dei non addetti ai lavori.

  • Il massimo dell'offerta non corrisponderà subito ad un risultato di pubblico. Individuare quanto più possibile i punti di interesse tra gli addetti ai lavori e il pubblico: crearsi un pubblico non significa avere un buon ufficio stampa. Il tema è delicato e può essere affrontato a seconda della sensibilità del singolo. E' forse importante ricordare che se il pubblico vuole sangue non è necessario tagliare una gola.

  • Ricordare che il teatro è una professione. La passione non risolverà i problemi e non può essere l'unica cosa a cui appellarsi. Pretendere da se stessi il massimo di professionalità anche dove di professionale non c'è niente può essere un inizio.

  • Collaborazioni : chi lavora in gruppo, cioè tutti coloro che fanno teatro, dovrà essere in grado di stabilire all' interno del proprio gruppo una pratica divisione dei ruoli. Nelle epoche delle rozze forze della natura, la divisione pratica dei vantaggi e degli svantaggi ( anche economici ) del lavoro dovrà essere contemplata e discussa con serietà prima dell'inizio dei lavori. E' sconsigliabile lavorare senza pagare i propri collaboratori là dove si avranno delle entrate. Questo provocherà delle divisioni svantaggiose alla resistenza. Dall'altra parte tutti coloro che aderiscono ad un lavoro economicamente svantaggioso devono sapere a cosa vanno incontro.

  • La parola. Nelle epoche delle rozze forze della natura la parola data equivale ad un contratto firmato. E' sconsigliabile continuare a lavorare con coloro che non fanno di questo assunto una regola interna al lavoro.

  • Il sistema – l'indipendenza. Pretendere il massimo di consapevolezza da se stessi sul sistema istituzionale e sulla propria posizione in relazione ad esso. Trovare strano ciò che ormai è normale è il modo migliore per individuare il sopruso. Individuato nel sistema il sopruso è consigliabile attivarsi per sanarlo. Rifiutarsi di collaborare è il minimo necessario per attivarsi.

  • Se, a conti fatti, la vostra posizione è esterna al sistema istituzionale è bene ricordarsi che di fatto si costituisce un' alternativa. E' sconsigliabile applicare all'interno dell'alternativa gli stessi meccanismi del sistema. Per ovvi motivi di definizione.

  • Perchè l'alternativa possa godere di un futuro è bene ricordare: la necessità di avere collaboratori ( ci si attenga a quanto già detto ) la necessità di creare un proprio pubblico ( ci si attenga a quanto già detto ).

  • Nelle epoche delle rozze forze della natura può sopraggiungere la necessità di interrompere la propria attività professionale per occuparsi con maggiore continuità ad attività sociali in senso più stretto . Essere consapevoli, se non al fianco, di chi , al di fuori del proprio ambito, vive situazioni gravose può essere importante per avere uno sguardo lucido sulla realtà. Tale sguardo è necessario a qualunque attività artistica. Si noti poi che sarà difficile pretendere vantaggi pratici per un attività di questa natura, tanto più se il tessuto sociale nel quale essa è inserita si va slabrando. E' sconsigliabile lavorare con chi ignora per volontà la suddetta situazione."


Lucido. Diretto. Semplice. Definitivo.

mercoledì 8 dicembre 2010

Confessioni di una Mente Pericolosamente Confusa.

A te che leggi... Ciao, come va? Mi auguro che tutto, nonostante tutto, ti vada per il meglio. Ho voglia di raccontarti un po' di cose ma ho un tale casino in testa che credo la cosa migliore sia buttare giù parole a caso, così come vengono.

Allora... nell'ultimo anno la vita si è fatta un po' dura. Immagino sia un concetto condiviso dai più.
Ed è difficile continuare a credere di poter fare del Teatro la propria forma di sostentamento in un paese che decide di affrontare la crisi economica tagliando su tutto quanto è pubblico in favore della salvaguardia del progetto Ponte Sullo Stretto (solo un esempio tra tanti).

Che dire? Assai facilmente uno si chiede "Ma che cazzo lo faccio a fare?"
Perché farsi un culo come una capanna per mostrare il frutto delle proprie fatiche a 400 spettatori al massimo? E questo quando possiamo dire di avere avuto grande successo.

Manca il pubblico, certo. Il pubblico. Questa entità misteriosa, nostra croce e delizia.

È colpa di questo pubblico martoriato da spettacoli orrendi, ma anche pubblico bue che preferisce tette e culi alla TV ad un opera di Shakespeare e via così... con discorsi triiti, ritriti ed ormai muffi e banali, perché tutti giusti e tutti sbagliati.

È colpa dei giovani talenti, che propongono cose già viste, o che propongono cose troppo incomprensibili
e via così... con discorsi triti, ritriti ed ormai muffi e banali, perché tutti giusti e tutti sbagliati.

È colpa degli organizzatori, degli stabili, dei circuiti che non favoriscono il ricambio generazionale continuando con una assurda politica mafiosa di scambi di produzioni tra vecchi amici, ma che in fondo è l'unico modo per i suddetti di potersi garantire un minimo di sopravvivenza
e via così... con discorsi triti, ritriti ed ormai muffi e banali, perché tutti giusti e tutti sbagliati.

È colpa di un governo che non ha minimamente intenzione di garantire un futuro a questo paese e che, anzi, spera di spezzarlo in due per poterci tranquillamente banchettare con ignobile sfacciataggine. E qui niente di banale e ritrito. Verità. Terrificante verità.

Insomma... arrivato a 33 anni... senza niente in mano... senza un futuro... senza saper fare un cazzo che non sia questo Inutile Teatro... che cazzo devo fare?

Questo è stato per me il 2010.
Niente lavoro.
Niente.
Nulla.
Nel 2009 ho fatto uno spettacolo bello, finanziato con un bando Cariplo, che mi è costato un anno di preparazione ed un filino di stress da superlavoro, replicato (con successo) per ben 5 repliche 5 e poi puff!!
Sparito nel nulla.
Perchè nessuno lo vuole.
E perche è troppo costoso da portare in giro in autoproduzione (e parlo solo di costi viaggi e paghe minime, non ci sono scenografie, ne costumi, solo delle belle luci).

Un anno di lavoro sparito nel nulla.

"Beh, dai. Era finanziato. Ti sarai fatto un po' di soldi, no?"
No.
Il mio guadagno? 1.500 euro.


Perché?
Perché dovrei continuare a voler far teatro?
Perché dovrei insistere con questa folle idea della Compagnia se non posso garantire a chi collabora con me un minimo di continuità?
Avevo molti progetti per questa stagione. Avevo voglia di reagire. Voglia di proporre.
Poi mi è passata.
Mi sono guardato indietro e mi sono detto: ma perché?
Non è stato un bel momento. Ho avuto paura. Nero panico ancestrale, moltiplicato dieci per ogni pelo bianco che mi sono contato nella barba.
C'era l'idea di lavorare su Amleto, l'idea di riprendere Arlecchino con un nuovo cast, ricostruire le Furie dal gruppo di Caligari che doveva diventare un film in Alta Definizione.
C'erano delle date allo Spazio Tertulliano di Milano da riempire con un progetto a scelta, avrebbe dovuto essere Arlecchino, appunto.
Niente. Tutto spazzato via dalla mia depressione. Via tutto.
Le date però erano ancora li.
E una lucina di voglia di fare era rimasta.
Ho deciso di proporre un nuovo lavoro, un testo scritto ad hoc. Perché se tanto ormai il futuro degli spettacoli di una compagnia emergente è praticamente gia segnato, perché non sparare grosso? Perché non approfittare delle occasioni per mettersi in gioco?
Per progredire artisticamente, almeno.

Ho deciso di proporre La Sposa Del Diavolo. Il Tertulliano ha accettato.
Anche se al momento altro non era se non un titolo ed una trama.
Un testo scritto da me, per tre personaggi, una piccola situazione in cui testare le mie velleità di drammaturgo. Doveva essere un piccolo giallo, un minithriller in atto unico, ispirato ad un vecchio testo del Grand Guignol.
A settembre ho cominciato a scrivere.
E già li si sono presentati i primi guai.
Non riuscivo a scrivere per me stesso, così, per divertimento. Un conto è fare una cosa che nasce tra me e me. Ma il pensiero di dovere portare parole, personaggi e situazioni fuori, su un palco e di dover coinvolgere degli attori, altri da me, per dargli corpo...
Cazzo. Tutte le mie tirate sulla responsabilità dell'artista si sono fatte vive.
Dovevo parlare di qualcosa di pubblico, qualcosa che riguardi in primo luogo il mio futuro spettatore, il mondo.
"Ma a che pro?" contemporaneamete mi chiedevo.
Se tanto il fallimento è insito nello stesso volere far teatro, allora a che pro?
Allora forse volevo parlare di questo. Di una generazioni di possibili eroi disillusi dalla realtà.
Uomini e donne nati sotto una cattiva stella, in un periodo storico che gli eroi tende a deriderli se non addirittura ad ammazzarli per poi santificare i loro assassini.
Uomini. E donne. Donne.
Donne prese in giro dalla società che dice di volerle proteggere.
Donne che vorrebbero cambiare il mondo ma che per provare a farlo (solo per provare) devono rinunciare a molto.
Donne in Italia, Donne all'estero.
Le Donne della mia vita.
Alcune buone, altre meno, alcune simpatiche ed altre no.
Le Donne. La loro condizione.
Un titolo che porta in se la parola Sposa.
E poi Parigi, le possibilità, il Cafè Le Temeraire.
Una Donna a me cara, e la sua immensa creatività calpestata dagli uomini e da lei stessa.
Ho chiesto aiuto, sommerso dalle mie stesse idee e dalla mia incapacità di raccontare la Donna se non dall'esterno.
Dal pavimento del bagno di un bellissimo appartamento in Rue Du Chemin Vertes ho chiamato Bergamo.
Irene "Petra" Zani, drammaturga diplomata in Paolo Grassi.
I miei raporti coi drammaturghi... brrr... sempre son stati dolori.
Però, Irene, che conosco così poco ma da quel poco forse, un'affinità, una capacità di comprendere fuori dall'ordinario...
E poi quel suo interesse per le cose, quel suo non vergognarsi di guardare fuori dall'ordinario.
Una settimana isolati, io parlo per 5 giorni, Irene segna tutto. Le provoco un'emicrania.
Mangiamo un sacco di riso e verdure senza sale.
Tutto in 5 metri quadrati.
E poi la Twingo di Fabio Paroni (santo Fabio e la sua Twingo), la montagna con il buio e l'autostrada, mondo nuovo per questo uomo a metà.
Pioggia, in continuazione. Giorni interi a chiedersi chi è il Martire?
I personaggi aumentano, il cast si forma.
Valeria Costantin, Irina Lorandi, Irene Timpanaro, Sandro Pivotti.
Due da Caligari. Due nuovi.
Si ricomincia e si continua.
E poi i tarocchi... Il Bagatto, Il Diavolo, La Papessa.
Quei tarocchi che il destino mi ha negato a Parigi. Strana strategia per mettermici davanti con uno spirito attento.
E poi Giacomo. Che c'è sempre. Che solo averlo li accanto ti fa pensare che niente potrà andare male.
E poi Rubiera. Da lunedì di nuovo a Rubiera. Il posto magico.
E poi ancora Pietro Beltrami. Stavolta si fa chiamare Joao Pedro Xebb Beltrami. One Man Band pronto a digerire impulsi deliranti e a trasformarli in musica.
C'è poco tempo.
Il copione è scritto per un terzo.
Ma ci sono i personaggi. C'è una storia. Ci sono gli attori e sono quelli giusti.
C'è tutto.
Sarà bello.
E sapete perchè? Perchè sarà sincero.
Perché sarà fatto con amore.
Sto gia preventivando come salvare il progetto.
Come poter fare in modo che non muoia dopo il 23 gennaio 2011.
Vedremo se sarà.
Intanto lo facciamo.
Perché è quello che so fare. Perché è quello che sappiamo fare.
Perché in fondo... creare nuove promozioni di telefonia mobile... sarà mica un lavoro più utile di quello del teatrante?
Vendiamo tutti fumo.
Su questo ci sto riflettendo, sulla produttività.
Ma per ora vado avanti con quello che ho. Come meglio posso e con tutto l'amore che provo per quello che vuol dire "raccontare".
Perché mi piace parlare degli Umani, e ancora di più mi piace farlo in compagnia di altri Umani.
Perché nonostante tutto, continuo fermamente a credere che sia possibile percorrere una strada diversa.
Non so se ne potremo vedere noi la realizzazione.
Ma bisogna cominciare.
Quindi andate pure, io ho finito. Grazie per la vostra pazienza.
Ora vado a spostare quella montagna con il mio cucchiaino.
Che mi sta pure tornando voglia di mettere mano ad Amleto.