giovedì 22 dicembre 2011

Tito Andronico - primi timidi approcci al mondo di fuori

Ecco.
Scrivo un post su Tito Andronico. Robetta, niente di che, solo un modo per mettere fuori la testa.

Finalmente.

Finalmente per me, perché sono due mesi che sento il bisogno di comunicare con il mondo di fuori, di raccontare come sta andando un lavoro che si sta trasformando in un viaggio nel profondo di me, Fulvio Vanacore, regista teatrale, animatore insieme a Giacomo Marettelli Priorelli della Compagnia Delle Furie.

Questo blog alla fine è molto personale, molto poco Compagnia e molto più Fulvio, ma so che a Giacomo non da noia, che non da noia a chi collabora con me, perché anche se è la mia voce che parla, ciò che racconta è sempre il frutto di una moltitudine di sguardi.

Tito Andronico.

Il progetto è nato per un disperato gioco di sopravvivenza.
Cercare di dare alla Compagnia, attraverso la messa in scena di un "titolo ed autore", un qualche futuro.

Shakespeare mi piace, mi solletica l'idea da almeno due anni.
Ma ci vuole un esercito di attori e noi siamo sempre diperatamente in autoproduzione.
Con tanti attori è difficile girare, organizzare piani prove, incastrare possibilità.

Dai, riduciamo uno Shakespeare, che sarà mai, tagli qui, tagli li, racconti un po' ed è fatta.

Dai, Tito Andronico, dramma giovanile, uno Shakespeare quasi coetaneo, dai che ci vuole, bello, è Shakespeare splatter. Dai che ci sono lingue tagliate, arti mozzati, ragazzi macellati e mangiati, stupri, decapitazioni, inganni, sensualità, grandi passioni. Dai! Figata!
Riduciamolo a tre attori, un racconto epico e rabbioso, dai. Che ci vuole.
Che ci vorrà mai. È semplice.

Sì.

Semplice un cazzo.

Cosa viene fuori perforando quella scorza...
Cosa emerge da quella struttura apparentemente sgangherata...
Mio Dio, c'è il mondo.
L'umano.
Ecco. Questo è il primo di una serie di post contraddistinti dalla banalità.
La scoperta dell'acqua calda.

Ma questa banalità per me si sta rivelando l'elisir della rinascita.

Questo lavoro mi sta veramente facendo riscoprire un amore per il Teatro.
Quello vero, quello che vive nel cuore dell'umanità, che nulla ha che vedere con il grigiore che popola il mercatino rionale dei guitti.

Mi sta facendo pensare di poter toccare l'infinito, nella speranza di sporcarmici un po'.
Poi tutto sudicio d'infinito vorrei tornare qui sulla terra, e fare uno spettacolo che sia in grado di brillare un pochino di quella luce.

Vorrei fare un bel lavoro, il testo lo permette, ma bisogna imparare a giocare di sponda, a lasciarlo parlare senza forzarlo.

Il testo odia essere forzato, è come una nave potentissima e raffinata, ma che per essere guidata ha bisogno solo di sei pulsanti.
E quei pulsanti vanno premuti in una sequenza che varia da pilota a pilota, non esistono due sequenze uguali.
Devi scoprire la tua ed in quel caso la nave ti condurrà nel porto che ha fatto costruire solo per te.

Shakespeare mi sta facendo ridere e piangere.
Mi sta mettendo in crisi ma mi sta mostrando un punto d'arrivo, anche se sfocato e lontanissimo.
Mi sta facendo conoscere le persone che cercavo da tempo.

E questo testo, cazzo questo testo... pare la dichiarazione d'intenti di un genio a venire, una specie di prova generale di tutto ciò che avrebbe scritto dopo.

Ecco.

Due righe su Tito le ho scritte.

Voglio cominciare a riflettere con voi, con chi vorrà seguire questo diario di bordo.

Ci vediamo presto.

fulvio.