Oggi lo faccio.
Giuro.
Oggi trovo il tempo di scrivere che cazzo stiamo facendo qui a Rubiera.
È che è tutto fragile.
Però non fragile come tre giorni fa.
Comincia ad avere un identità solida, questo Caligari, questo spettacolo che non si lascia addomesticare.
Che non ne vuole sapere di lasciarsi controllare.
Tutti i pezzi stanno rimettendosi insieme, ma nel modo in cui nessuno, nessuno di noi poteva immaginare.
C'è un ordine in cui questa storia va composta ed è assolutamente refrattaria alle sterzate improvvise.
Questo spettacolo non è il vettore, è il percorso, è la strada.
Il vettore siamo noi, i nostri occhi sono i fanali che illuminano la strada.
Chi guida è lo spettatore.
E siamo in chiusura.
Ora c'è la chiusura dei conti e c'è il mio ruolo, che per il momento è stato solo osservare e cercare di comprendere cosa stesse emergendo dal caos primordiale degli elementi in gioco.
E l'ho capito stamattina a colazione, da un racconto apparentemente senza peso di Mattia.
Ho capito che ora è il momento di assumersi la responsabilità di mettere la parola fine.
Il punto.
Di chiudere il discorso.
Anzi, no, questo sarebbe impossibile.
Il discorso sarebbe molto molto lungo.
La definizione esatta è un'altra.
Il mio ruolo è quello di sciogliere l'assemblea.
E lasciare la parola agli spettatori.
Ecco.
Alla fine il tempo di scrivere cosa stiamo facendo l'ho trovato.
Il tempo si trova sempre.
Basta volerlo avere.
Domani magari scrivo anche qualcosa sulla storia.
4 commenti:
Uh uh uh, dobbiamo avere paura, visto che Caligari adesso non ci guarda e basta, ma sta addirittura prendendo vita? La vita di chi, poi? La vostra,la nostra o la propria?
La di noi tutta.
Perché avevo la sensazione che mi avresti dato proprio questa risposta?
Perché sei un non dormiente.
È il tuo valore.
È la tua condanna.
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