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martedì 3 giugno 2008

Il Divo - Anche se Noi ci crediamo assolti siamo lo stesso coinvolti.



Ieri sera ho visto Il Divo di Sorrentino.
Non ho intenzione di fare una recensione del film, per altro a mio parere molto bello.
Ho sola voglia di far correre un po' il cervello, per scaricare un po' di quest'amarezza che da qualche giorno mi è entrata in circolo.
Il Divo parla di Andreotti, e questo è risaputo.
Parla di mafia, di Licio Gelli, P2, Calvi, Salvo Lima, DC, Moro, Calvi, Ambrosoli, Dalla Chiesa, Pecorelli, Vaticano, Tangentopoli etc... etc...
In una parola.
L'Italia.
Il ritratto che fa Sorrentino del Divo Giulio è il ritratto di un uomo che, anche se discutibilmente, agisce in nome di un ideale: "Perpretare il male per salvaguardare il bene".
Che il suo concetto di "bene" sia discutibile non ci sono dubbi ma finisci per ammirare la purezza di quest'uomo devoto al potere, collocato in una posizione altissima ma comunque servitore fedele di qualcosa più grande di lui.
Ciò che fa realmente impressione sono i suoi "correntisti", lacchè fedeli finché è comodo, amanti del lusso, della gnocca, delle belle auto.
Eccolo qui, il popolo italiano, diviso in tre parti.
Una che inneggia al Papa Nero e un'altra che lo contesta aspramente.
E poi un' enorme, gigantesca fetta di Gente Di Mezzo.
Che critica ma non fa, si lamenta ma poi nel suo piccolo si comporta in maniera inquietantemente analoga.
Ed ogni microcosmo si divide esattemente con le stesse proporzioni nello stesso identico modo.
E il teatro non fa differenze.
Una porzione di sfacciatissimi squali senza scrupoli, palesemente figli di puttana e per questo ammirabili.
Un pugno di idealisti destinati ad una vita di calci in culo e miseria nera.
Poi una travolgente fantastica folla eterogenea di gente in gamba, casi umani, mediocri senza talento con la parlantina sciolta, bocchinari, geni amareggiati e chi più ne ha più ne metta che ha scelto il grigio come colore della propria bandiera.
Nascosti dietro ideali di sinistra perché "la cultura è di sinistra" e che poi vendono fumo per ottenere manodopera e talenti a titolo gratuito "perché l'arte non ha prezzo" e quindi che senso ha retribuirla?
Che si infrattano con mezzi discutibili in situazioni pidocchiose per avere un briciolo di potere nella speranza di raggiungere, prima o poi, le sacre sponde del FUS.
Che gestiscono stagioni come Cirino Pomicino distribuiva appalti.
E che si scandalizzano se abbiamo politici corrotti.
Chissà... magari se allungassimo qualche bustarella strategica l'anno prossimo saremmo in tournee per sei mesi.
Dov'è la cultura? Dov'è l'arte? Dove sono le idee? Io vedo solo una strenua lotta per la sopravvivenza...

Il Divo è la storia di un uomo che aveva capito dall'inizio come funzionava la neonata repubblica italiana e che per 60 anni l'ha guardata dall'alto, sorridendo.
Ma adesso non abbiamo più nemmeno lui. Il nostro caro ed oscuro Guardia di Porta.
Ci ha mollati quando abbiamo cercato di fare luce sulle sue amicizie siciliane.
Siamo soli con noi stessi e con il nostro colore grigio che tende all'azzurro.
E secondo me se la ride, guarda i suoi bambini stupidi e se la ride.
Pensando a quanto abbiamo insistito per avere la nostra indipendenza.

lunedì 12 maggio 2008

L'inconsistente immensità dell'etere (ovvero Uno nessuno centomila)

Leggo con un un po' di tristezza e di orgoglio quelle che qualcuno chiama "le prime recensioni" sul nostro lavoro. L'orgoglio, che è poca cosa, è dovuto al fatto che queste recensioni arrivano addirittura a motori ancora spenti, quando la nostra macchina non si è ancora messa davvero in moto. Quando non abbiamo ancora fatto teatro. Ed è un'attenzione che si riserva a pochi.
La tristezza la devo invece al mio animo sensibile, fiero e geloso del proprio lavoro, e che tende ancora a dare un valore alle parole.
Noto che i luoghi di internet, vasti e inesistenti, invitano alla mancata assunzione delle proprie responsabilità. Mi spiego meglio: basta nascondersi dietro a un qualsiasi nome di battaglia, basta creare una identità fasulla che parli per noi, e poi dire quello che ci passa per la testa. Senza doversi preoccupare di motivare le proprie opinioni. Senza doversene assumere la responsabilità.
Possiamo mandare a cagare chiunque con una facilità davvero invidiabile, e senza nessuna conseguenza.
Possiamo perfino credere di avere ragione, e continuare a ripeterlo all'infinito, perchè nessuno potrà mai dimostrare che abbiamo torto.
Così, tanto per non dimenticarmelo, noto anche che quello che diciamo di voler fare (il teatro), è, di essenza, esattamente l'opposto. Si fa in luoghi molto meno vasti, decisamente concreti, mettendoci la faccia. Si fa nel qui e ora. Insomma, il teatro è un atto di responsabilità senza sconti.
Noi, che in scena ci mettiamo maschere per non nasconderci, non dimentichiamocelo mai. Esigiamo di avere sempre a che fare con persone col volto scoperto, e non perdiamo tempo con chi non ha il coraggio di affiancare alle sue parole il proprio nome. Il teatro non lancia solo il sasso, ma fa vedere la mano.

Pietro Traldi