giovedì 29 ottobre 2009

Casualità sfocianti in illuminazioni: Lino Musella incontra William Burroughs nella cucina di casa mia.


William Burroughs è stato il primo scrittore che abbia idolatrato.
A 17 anni ho letto il Pasto Nudo per la prima volta.
Non ci ho capito una minchia, credo di non averlo nemmeno finito tutto.
Poi ho letto altre cose.
Articoli, saggi, Il Biglietto Che è Esploso.
Credo di non averci capito una minchia nemmeno in questi.

Eppure sentivo che William Burroughs era il mio scrittore preferito, uno dei miei miti, uno spirito guida.
Poi nel 1997 Burroughs muore.
Scopro la cosa tornando da Parigi, il mio primo viaggio in aereo da solo.
C'è qualcosa di significativo nello scoprire della morte di un tuo eroe mentre torni, solo, da Parigi.
Poi passa il tempo, inizio a stringere uno stretto rapporto con il teatro, cresco, maturo, e la presenza di Zio Bill inizia a sfumare finendo nel baule dei ricordi piacevoli.
Poi, nel mezzo del cammin su Caligari, Elena Accenti, navigando nel mare di riferimenti che le ho mollato come una patata bollente, tira fuori in una conversazione William Burroughs.
Così.
Con facilità assurda.
Come farebbe un mago con un coniglio bianco da un cappello.
Eppure Burroughs non c'era in quella lunga lista di libri, film e personaggi che era la mappa geografica di Caligari.
Eppure è saltato fuori.
Allora ho capito.
Forse a 18 anni non avevo capito ma avevo appreso. Appreso nella pelle, nella carne, in una zona fisica non contaminata dalla logica.
E tutto ciò che ho scelto di vedere, leggere e sentire è stato in qualche modo condizionato da quell'esperienza.
Scatta una molla. Tornare a Burroughs.
Caligari veiene da li.
La mia ossessione per il controllo, per la schiavitù mentale arriva dalle pagine dell'uomo vestito di gessato.
Rileggo. Con gli occhi di un adulto.
Sbem.
Sono arrivato.
Bellissimo.
Totale.
Burroughs con una trama.
Capisco cosa vuol dire Parola che diventa Carne.
Ma non lo capisco da subito.
C'è un passaggio intermedio tra l'inizio della lettura de Le Città e quest'illuminazione.
Un passaggio che segna un piccolo punto di svolta, una segno di ordine nel caos, un momento dove gli dei dell'arte mi sorridono e mi fanno sentire onorato di una carezza.
Ora ci arrivo.
Per Dr. Caligari sto raccogliendo una serie di registrazioni, un bagaglio di voci da inserire nello spettacolo.
saranno la rappresentazione del mondo al di fuori dei 5 personaggi protagonisti.
Speaker radiofonici, grida di piazza, sit-com televisive ed altro.
Per queste registrazioni sto chiedendo aiuto ad una serie di attori che stimo e amo.



Tra questi c'è Lino Musella, a mio parere uno dei migliori attori italiani viventi.
Il caso ha voluto che Lino fosse il primo a prestarsi alla cosa.
Abbiamo organizzato la cosa di corsa, per cui non ho avuto molto tempo per selezionare il materiale o scrivere qualcosa ad hoc per cui ho optato per un paio di brani de Le Città Della Notte Rossa.
Lino è venuto da me, c abbiamo letto insieme i due pezzi, fatto qualche taglio ed abbiamo cominciato a registrare.
E la mia incapacità di dare indicazioni sul testo mi è esplosa in faccia in tutta la sua imbarazzante prepotenza.
Non riesco a spiegare a Lino come intepretare i brani perché, appunto, la comprensione di ciò che significano passa direttamente nel sistema nervoso ma la sua voce le rende tridimensionali, vibranti.
Lino mi fa capire come quelle parole siano scritte per diventare materia.
Si può solo suggerire il colore, la situazione in cui sono calati, ma non può esserci controllo.
Non quel patetico controllo che molti registi da due soldi identificano con il potere.
Si può suggerire, si può accompagnare, ma la vibrazione di significato è qualcosa che trascende la volontà del singolo.
Il regista deve avere il ruolo di capitano di una nave che viaggia in mari sconosciuti.
Deve preparare le attrezzature necessarie ad affrontare il viaggio ma non può disegnare mappe di luoghi che non ha mai visto.
Allora capisco delle cose in più.
Capisco sempre più quale dovrà essere il mio ruolo nella direzione di questo spettacolo e capisco come dovrà parlare al pubblico.
E quest'ultima è una cosa che non dico, perché spiegando ucciderei l'idea.
Dovrà essere materia, non teoria.

Conclusione:
Questo lavoro mi piace sempre più. Mi sta mettendo alla prova, mi sta regalando opportunità, e pieno di cose belle, come un pomeriggio passato insieme ad un artista che ammiro, a leggere brani di uno scrittore che mi ha cambiato la vita, e che all'imbrunire mi regala una irripetibile lezione sul teatro.

6 commenti:

Francesca Cavallo ha detto...

Mi piacciono le cose che hai scritto sui registi, anche io mi sto muovendo in queste acque.. A presto spero e tanta merda per questa nuova avventura!

Anonimo ha detto...

il caso ci spinge nelle direzioni giuste.
non avere controllo non significa perdere il controllo.
quando il caso conduce in cucina è sempre buon auspicio.
lupita crede che non sarà un caso se il tuo lavoro sarà bello!

Le Furie ha detto...

Cara Francesca,
ho letto il tuo blog e mi pare molto bello.
Bello e sincero, viscerale, sentito.
E ti ringrazio quindi il doppio per i complimenti.
Profumano di verità.

FuriaFulvio

Le Furie ha detto...

Cara Lupita...
sei la mia gioia internettiana!!

abeppe ha detto...

Bene bene bene, si tratta di controllo, allora, eh? Caligari sa chi sono, Caligari mi vede. Pensa un po', questa mattina ho letto il tuo blog. In questo momento mi trovo a Oxford per lavoro e dopo essere uscito dalla biblioteca, me ne sono andato a vedere una bella mostra di arte Steampunk nel Museo di Scienze Naturali. Bellissima, bellissima. Poi, non contento, sono andato a farmi un giro da Blackwell, una libreria spettacolare, per cercare un libro per il finesettimana. E Caligari, oops, Borroughs, oops Fulvio mi controllava. Volevo comprarmi American Gods in inglese (chissà chi mi ha fatto conoscere Gaiman), ma poi ho pensato che l'avevo già letto in italiano. Allora ho pensato di comprarmi un bek libro Steampunk di Moorcock, però c'era Caligari che mi controllava e mi diceva, "compra Borroughs, tutti gli altri libri qui non valgono un cazzo". In preda a una spiacevole sensazione, sono uscito dalla libreria e sulla strada per la mia camera ho realizzato cosa significa controllo, mentre guardavo l'edificio dell'Ashmolean Museum nel tramonto. Un impero, un impero per un museo. Quindi ho sorriso e ho pensato che dovevo scriverti, Fulvio, che non c'è via d'uscita. Sei controllato, tutti lo siamo, non illuderti. Se non ti controlla qualcun altro, ti controlli tu stesso, senza nemmeno accorgertene. Caligari mi ha controllato in quella libreria e io mi sono liberato del suo controllo, per cadere nel mio controllo.

La Milza Bizantina

Le Furie ha detto...

cara Milza...

Tra poche ore parto per Rubiera.
Andrò a provare per 18 giorni in un magnifico posto chiamato La Corte Ospitale, un ex convento adibito a residenza per compagnie teatrali.
Dormi, mangi e lavori tra quelle mure concepite per il dialogo con Dio.
Fino a pochi istanti fa avevo paura.
Paura di non farcela, poco tempo, idee confuse, argomenti immensi.
Poi ho letto le tue righe.
e la paura si è allontanata.
Ora so.
So perché voglio fare questo lavoro.
Per te, per tutti i miei amici, per le persone che amo, che stimo, che mi stimano e a cui finisco sempre per pensare.
benebenebene.
Grazie infinite.